Disturbi temporo mandibolari: limitazione apertura della bocca

I disturbi all’articolazione temporo mandibolare (abbreviata in ATM) spesso sono prevenibili, a patto di conoscerne le cause. L’articolazione della mandibola è una delle più complicate che possediamo: è composta dal condilo mandibolare, dalla cavità glenoidea dell’osso temporale e da un disco fibrocartilagineo tra i due, che evita gli sfregamenti.

Uno dei disturbi che interessano maggiormente l’ATM è il mancato rapporto occlusale che determina l’accorciamento dell’altezza di masticazione: gli equilibri delle forze del cavo orale si alterano e tutto ciò si ripercuote sull’articolazione. In questo quadro clinico l’articolazione duole, schiocca o provoca addirittura cefalea, quindi bisogna intervenire il prima possibile per evitare che lo strato fibroso e di cartilagine si deteriorino definitivamente.

Per prevenire questi disturbi bisogna ripristinare l’altezza di eventuali denti abrasi, sistemare le otturazioni incongrue,  riparare i denti scheggiati, sostituire i denti mancanti e riconoscere e curare il bruxismo il prima possibile. Queste sono le cause più frequenti del progressivo deterioramento dei denti e dell’articolazione.

Il lavoro congiunto dello specialista in ortodonzia e dell’esperto in implantologia può risolvere facilmente il problema ristabilendo l’altezza di masticazione e il giusto movimento della mandibola.

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Struttura dell’articolazione temporo mandibolare

Le articolazioni temporo mandibolari congiungono le ossa temporali del cranio alla mandibola. Sono due, una per lato del viso, e si trovano sotto alle orecchie.

La struttura e la meccanica dell’articolazione sono particolarmente complesse. Le parti che la compongono sono:

  • Il condilo della mandibola che è un processo dell’osso mandibolare che si estende a forma di oliva da ognuno dei lati dell’osso.
  • La cavità glenoidea dell’osso temporale.
  • Un disco fibroso e di cartilagine che si pone tra i due ed evita la presenza di attriti.

Nel momento in cui apriamo la bocca, l’articolazione temporo mandibolare si muove seguendo tre fasi. Nei primi 25 mm di apertura c’è una rotazione pura del condilo mandibolare, nei successivi 20 mm esso inizia a scivolare in avanti e, negli ultimi 5 mm, ruota ancora. Il disco si muove insieme al condilo per mantenere i contatti articolari.

L’apertura e la chiusura della cavità orale non sono gli unici movimenti permessi dall’ATM. Essa, infatti, permette anche la protrusione della bocca e la sua lateralizzazione.

Una delle articolazioni più complicate del corpo, insomma, che può infiammarsi e deteriorarsi se non si fa attenzione alla salute e alla posizione dei propri denti.

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Disturbi temporo mandibolari: le cause e i sintomi principali

Quando c’è un problema all’articolazione temporo mandibolare i sintomi rilevati dal paziente sono vari e non specifici. Tra i più comuni abbiamo:

  • Dolore all’articolazione.
  • Schiocchi o rumori di sfregamento.
  • Limitazione o deviazione dell’apertura della bocca.
  • Mal d’orecchio o ronzii e fischi.
  • Cefalea, capogiri o vertigini.

In presenza di questi sintomi è necessario fare un controllo presso un dentista esperto che può diagnosticare con tramite un esame obiettivo o grazie alla diagnostica per immagini i disturbi all’ATM.

La causa più comune di questo deterioramento dell’articolazione temporo mandibolare è la riduzione dell’altezza di masticazione. Ciò accade quando i denti subiscono nel tempo delle alterazioni che vanno dall’abrasione, alla caduta. Infatti, soprattutto nel momento in cui si perde un dente, le forze presenti nella bocca si ribilanciano, i denti tendono a modificare il loro orientamento andando verso lo spazio vuoto e riducendo di conseguenza l’altezza di masticazione.

Se il dente o i denti sono assenti solo lungo un lato dell’arcata si crea una asimmetria, quindi i disturbi si presentano tipicamente solo da un lato. Mentre, se i denti sono assenti da entrambi i lati dell’arcata si va incontro ad un danneggiamento più grave nel tempo dell’ATM che tende a compensare di continuo.

Il danno è proporzionale al numero di denti persi e al tempo in cui si è stati senza sostituirli. Per questo non bisogna trascurare ogni tipo di alterazione del cavo orale e ogni disturbo che rientra in questa casistica.

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Prevenzione e cura

Per prevenire i disturbi all’ATM occorre rivolgersi ad un dentista esperto che deve tenere in condiderazione una serie di fattori:

  • Osservare se il paziente presenta sintomatologia e segni di bruxismo
  • Osservare se gli spazi e l’allineamento dei denti risulta corretto
  • Analizzare lo stato delle otturazioni
  • Analizzare l’integrità dei denti
  • Verificare la presenza di tutti i denti lungo le arcate

Più tempo passa senza che vengano presi dei provvedimenti e più il danno sarà maggiore: in quanto l’articolazione interessata viene utilizzata quotidianamente dal paziente. Se l’equilibrio su cui opera non è perfetto si va incontro a seri problemi, in quanto all’inizio si deteriorerà il disco fibroso dell’articolazione, poi toccherà alla cartilagine e infine alle ossa che sfregheranno l’una sull’altra.

La cura va eseguita in coppia dall’ortodonzista e dall’implantologo. Il primo si occupa di riportare i denti alla posizione corretta, creando gli spazi adatti; mentre il secondo riempie gli spazi vuoti causati dall’edentulia con gli impianti.

L’implantologia può avvenire su un solo dente, su un settore o su un’intera arcata dipendentemente dalla gravità della situazione. I denti sotto stretta osservazione sono i molari in quanto definiscono l’altezza di masticazione: quando il paziente chiude la bocca è l’appoggio piatto di questi denti che determina l’occlusione più o meno corretta.

Limitazione apertura della bocca: perchè evitare le protesi mobili

Perchè è meglio evitare le protesi mobili? Purtroppo questo tipo di protesi, per quanto possano essere considerate comode nel breve periodo, generano nel tempo problemi di natura funzionale determinando la limitazione dell’apertura della bocca. Questo si verifica perchè simili protesi, appoggiandosi sulla gengiva, generano il riassorbimento dell’osso sottostante andando così a ridurre l’apertura verticale del cavo orale: perchè per recuperare questa ritrazione ossea occorrono protesi sempre più lunghe che diventano ingombranti e di difficile gestione per il paziente.

Meglio quindi sempre optare per un impianto fisso che ristabilisce e bilancia i rapporti di forza della cavità orale, evitando di impattare negativamente su gengive e ossa.

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