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Fluorosi dentale: cos’è, sintomi e rimedi

La fluorosi dentale è una patologia orale causata da un disequilibrio nella naturale concentrazione di fluoro. Questo è un minerale fondamentale per il benessere della bocca, molto diffuso in tutti i tessuti del corpo umano e responsabile della solidità di ossa e denti.

Nell’articolo di oggi analizzeremo nel dettaglio la natura e le cause della fluorosi, trattamento e rimedi specifici per ottenere una guarigione completa e un ritorno dei denti al loro aspetto originario.

Fluorosi dentale: cos’è

Con il termine fluorosi dentale ci si riferisce a un’alterazione della superficie dello smalto dentale causata da un eccesso di fluoro. Rientra nella categoria delle discromie intrinseche, inestetismi che colpiscono il dente nella struttura più profonda e sono causati da traumi, malattie congenite o dall’assunzione prolungata di farmaci.

La fluorosi dentaria interessa spesso i bambini. I più piccoli non sono infatti ancora capaci di gestire correttamente la propria igiene orale e finiscono per ingerire il fluoro tramite il dentifricio. In questo modo l’organismo assorbe una quantità eccessiva del suddetto minerale, favorendo l’insorgere della fluorosi. Le macchie possono influenzare negativamente l’autostima del paziente, creando disagi nelle sue interazioni sociali.

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Fluorosi dentaria: sintomi

La comparsa di inestetismi sulla superficie dentale è il principale sintomo della fluorosi: denti con macchie bianche color gesso, gialle o marroni sono i suoi segnali tipici. Le macchie sono causate dall’ipomineralizzazione dello smalto dentale. Bisogna fare attenzione a queste manifestazioni: se trascurata, la fluorosi può provocare carie o addirittura fosse e solchi sulla regione superficiale del dente.

In base ai sintomi presenti, è possibile identificare quattro forme di fluorosi dentale:

  • Leggera: lo smalto presenta minuscole alterazioni della traslucidità, ovvero macchie o piccoli puntini;
  • Lieve: sullo smalto dei denti sono presenti macchie bianche che interessano massimo il 50% della superficie dentale;
  • Moderata: l’inestetismo interessa tutta la superficie dello smalto, che assume una colorazione opaca. Diffusa la presenza di macchie marroni;
  • Grave: l’intera superficie dentale presenta una colorazione marrone e anche la corona può rimanere coinvolta. Il disturbo è accompagnato spesso da sensibilità dentale, carie e altre alterazioni della superficie dentale.

Fluorosi denti: cause

Le cause dell’eccesso di fluoro possono essere diverse. Questo minerale viene assunto attraverso acqua potabile, dentifrici e collutori fluorati, integratori di fluoro o alcuni specifici trattamenti odontoiatrici. La prima accortezza da prendere è dunque quella di non eccedere nell’utilizzo di prodotti a base di fluoro. Nel caso dei bambini è opportuno assisterli nell’igiene orale e utilizzare il solo spazzolino o, al massimo, quantità di dentifricio minime.

L’eccesso di fluoro può anche essere causato da integratori o farmaci. Sempre nel caso dei bambini, era in passato diffusa la prescrizione di gocce o pastiglie contenenti fluoro per la prevenzione della carie, ma oggi questa soluzione è sempre meno praticata. È bene precisare che i comuni prodotti di igiene orale contribuiscono in maniera minima all’assunzione di fluoro.

Anche l’alimentazione va curata. Alcuni alimenti, come ad esempio il salmone o le sardine in lattina, contengono quantità di fluoro più elevate. Scarsa invece la concentrazione nella carne, nella frutta e nelle verdure. Attenzione anche all’acqua potabile, che deve rispettare la soglia di sicurezza stabilita dall’OMS di massimo 1,5 mg di fluoro per litro.

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Fluorosi: trattamento

Esistono diversi trattamenti disponibili per la fluorosi dentale che possono aiutare a migliorare l’aspetto dei denti, così da restituire al paziente il piacere di un sorriso privo di inestetismi. In caso di una forma lieve di fluorosi denti, un trattamento come lo sbiancamento può essere una buona soluzione, ma va precisato che potrebbe peggiorare temporaneamente la gravità della patologia. Valido anche l’impiego di una crema remineralizzante a base di fosfato di calcio che, insieme alla tecnica di microabrasione, permette di ridurre lo scolorimento dentale.

Una tecnica di estetica odontoiatrica efficace per le fluorosi di media entità è il bonding dentale, ovvero l’applicazione di un composto resinoso sullo smalto dei denti. In questo modo i denti interessati riacquisiscono la colorazione bianca. È una pratica economicamente sostenibile, indolore e di facile applicazione, molto adatta dunque ai più piccoli. Non ha effetti collaterali. Solo di rado può essere riscontrata una lieve sensibilità dentale nelle 72 ore successive al trattamento.

Se a causa della fluorosi alcune parti di dente sono state danneggiate, o addirittura andate perse, il trattamento protesico diviene necessario. In questo caso si può ricorrere all’applicazione di faccette dentali per i denti anteriori o corone in ceramica se ad essere colpiti sono i molari o i premolari.

Leggi anche l’articolo: Disbiosi orale: perché il microbioma deve essere sempre equilibrato

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Disbiosi orale: perché il microbioma deve essere sempre equilibrato

Microbiota e microbioma orale sono due elementi di vitale importanza per la salute della bocca. All’interno del cavo orale convivono infatti numerosi microorganismi, la cui azione combinata contribuisce a mantenere uno stato funzionale al suo benessere.

Il delicato equilibrio tra i gruppi di microorganismi che compongono il microbiota del cavo orale è però soggetto a possibili alterazioni. Quando questo accade si parla di disbiosi orale, una condizione che necessita di essere attenzionata dal dentista, in quanto potenzialmente causa di diversi problemi a carico di denti e bocca.

Disbiosi orale – cos’è

È bene precisare che microbioma e microbiota orale non sono esattamente due sinonimi. In breve si possono dare le seguenti definizioni:

  • Per microbiota del cavo orale si intende la popolazione complessiva di microorganismi che abitano la bocca di una persona. Questi sono di varie tipologie: batteri, virus, protozoi e funghi. Normalmente stanno tra loro in una condizione di equilibrio detta “Eubiosi” e garantiscono il regolare funzionamento del sistema immunitario così da prevenire patologie orali.
  • Il microbioma orale è invece un concetto più complesso che in un certo senso comprende il microbiota. Esso infatti include non solo l’intero patrimonio genetico dei microorganismi che lo compongono, ma anche tutte le loro relazioni e il modo in cui queste si ripercuotono sul cavo orale.

Al netto di questa differenza, bisogna tenere a mente che l’azione benefica dei vari ceppi di microorganismi deriva dal loro stato di equilibrio. La disbiosi orale è invece una condizione disfunzionale che insorge nel momento in cui uno dei ceppi prevale sugli altri, dando vita a un microbiota patogeno. Esistono diversi campanelli d’allarme che possono segnalare una disbiosi orale, tra cui:

  • Alitosi
  • Aumento della placca dentale
  • Ipersensibilità dei denti
  • Carie
  • Ulcere del cavo orale
  • Malattie gengivali
  • Candida
  • Infezioni respiratorie
  • Tonsillite

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Microbioma orale – perché è importante

L’equilibrio del microbioma orale è importante per lo stato di salute generale di un individuo. Il funzionamento corretto del corpo umano è infatti conseguenza di un rapporto armonico tra i vari apparati che lo compongono. Un microbioma orale ben equilibrato contribuisce dunque a diversi processi biologici, alcuni dei quali non sono di esclusiva pertinenza del cavo orale. Tra le sue funzioni ricordiamo le seguenti:

  • Contribuisce alla regolazione di processi metabolici come ad esempio la pressione arteriosa;
  • Garantisce la regolarità della digestione, favorendo la scomposizione del cibo tramite l’azione della saliva;
  • Concorre al processo di remineralizzazione dei denti, fondamentale per mantenere intatta la loro struttura;
  • Favorisce l’eliminazione di tossine dalla bocca e regola il passaggio dell’ossigeno verso gengive e tessuti molli.

Il microbioma del cavo orale rappresenta inoltre la prima linea di difesa dell’organismo contro l’azione di batteri patogeni che dall’esterno possono introdursi nell’organismo e causare infezioni delle vie respiratorie.

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Microbioma del cavo orale – come equilibrarlo

Il microbiota orale è composto da circa 700 specie di batteri che convivono all’interno della bocca con svariate specie di funghi, virus e protozoi. Come si può immaginare, l’equilibrata convivenza tra una così complessa moltitudine di microorganismi non è una questione semplice. Il loro stato di eubiosi è soggetto a continue potenziali alterazioni e per questo è necessario intervenire a supporto, eliminando cattive abitudini alimentari o di igiene orale.

Un errore molto comune in merito è ad esempio quello di utilizzare collutori o dentifrici industriali. I loro componenti chimici, quali coloranti e dolcificanti artificiali, fluoruro di sodio e sodio laurel solfato, sono potenzialmente dannosi per il microbioma del cavo orale in quanto indeboliscono i batteri “buoni”. Meglio utilizzare prodotti naturali, magari a base di menta piperita, per una buona azione rinfrescante ma rispettosa dell’equilibrio del microbiota orale.

La stessa attenzione va riposta nell’alimentazione. Vanno evitati per quanto possibile cibi processati, farinacei e alimenti zuccherini, poichè alterano più facilmente la composizione del microbiota orale. Sono invece da preferire cibi ricchi di fibre prebiotiche come ad esempio i piccoli frutti, i vegetali a foglia verde o gli alimenti fermentati.

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Microbiota cavo orale – alcuni consigli

Il consiglio più importante in merito alla salute del microbioma orale è quello di non sottovalutare mai i segnali di una potenziale disbiosi. Soprattutto malattie e infezioni gengivali vanno subito attenzionate, dato che sono spesso causate proprio da un’alterazione dell’equilibrio del microbiota del cavo orale.

Inoltre è bene tenere sotto osservazione patologie apparentemente non legate alla bocca, come ad esempio il diabete di tipo 2. L’ingestione della saliva comporta l’introduzione di eventuali batteri patogeni all’interno dell’apparato digerente, provocando un’alterazione di un altro importante microbioma: quello intestinale. È inoltre opportuno supportare i processi che equilibrano il microbiota orale assumendo integratori alimentari. Tra quelli più utili si ricordano:

  • Probiotici: Utili per problemi alla flora intestinale, migliorano anche lo stato di salute della bocca producendo un biofilm protettivo che riduce le infiammazioni della bocca;
  • Vitamine e minerali: I diversi gruppi vitaminici contribuiscono tra le altre cose alla salute del microbioma orale;
  • Omega 3: Dotati di forte azione antibatterica, prevengono gli squilibri patogeni.

Leggi anche l’articolo: Protesi dentali: cosa sono, tipologie, quando ricorrervi

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Protesi dentali: cosa sono, tipologie, quando ricorrervi

Le protesi dentali sono dispositivi medici fondamentali nel trattamento odontoiatrico dei pazienti affetti da edentulia, ovvero la mancanza totale o parziale di denti. L’installazione di una protesi odontoiatrica sopperisce dunque all’assenza della dentatura, restituendo alla bocca un aspetto il più naturale possibile.

Nel corso dell’articolo prenderemo in analisi le varie tipologie di protesi dentarie, i vantaggi e i possibili inconvenienti derivanti dal loro utilizzo. Ad oggi l’odontoiatria prevede l’utilizzo di diversi materiali e tecniche per realizzare una protesi dentale che si adatti perfettamente alle caratteristiche individuali del paziente.

Protesi dentali: cosa sono

Per protesi dentali si intende più nello specifico una serie di dispositivi artificiali che sostituiscono i denti naturali del paziente. Carie, traumi e patologie parodontali possono comportare la perdita o l’assenza di parte della dentatura. Nei casi più gravi, questa può addirittura essere totale.

L’installazione di una protesi assume allora un ruolo cruciale per il trattamento di queste situazioni, che creano in primis un disagio di natura estetica al paziente. Il ripristino del sorriso non è però l’unico obiettivo perseguito dal dentista: la mancanza di uno o più denti può infatti avere conseguenze anche importanti su tutte le funzioni del cavo orale, dalla respirazione alla masticazione, compromettendo lo stato di salute generale del paziente.

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Protesi dentarie: tipologie

Esistono due macrocategorie di protesi dentarie:

  • Protesi dentarie fisse
  • Protesi dentarie mobili

La protesi dentale fissa prevede un’installazione definitiva su denti naturali o su impianti (intervento di implantologia). Il paziente non potrà dunque rimuoverla senza l’intervento del dentista. È generalmente in metallo-ceramica, ma esistono varianti prive di metallo. Esempi di protesi odontoiatriche fisse sono:

  • Corone dentali: Si possono installare su un dente esistente rovinato esteticamente o a livello funzionale, oppure su un precedente restauro coronale deteriorato. Se manca il dente naturale si ricorre all’implantologia.
  • Ponti dentali: Vengono installati poggiandosi sui denti vicini. Oggi si preferisce ricorrere all’implantologia, inserendo delle radici artificiali nell’osso e lasciando quindi intatti i denti adiacenti.
  • Maryland Bridge: È una particolare tipologia di ponte dentale a cui si fa ricorso in caso di perdita dei denti frontali. Si fissa con cementi adesivi e due piccole ali laterali alle pareti posteriori dei due denti vicini, senza che questi vengano limati o alterati.
  • Intarsi: Questo tipo di protesi si utilizza nel caso di carie molto estese su molari e premolari. Il dentista rimuove il tessuto compromesso dalla carie e lo sostituisce con un intarsio che ricrea l’anatomia originale del dente.
  • Faccette dentali: Sono una soluzione molto utilizzata per migliorare il sorriso dei pazienti. Le faccette sono delle sottilissime lamine in ceramica che si applicano sul dente donando un effetto sbiancante e riallineante. Sono inoltre utili a chiudere gli spazi tra i denti (diastema).

La protesi dentaria mobile è comunemente chiamata dentiera. È composta da due parti: una rosa in resina acrilica che simula l’estetica delle gengive e una bianca composta dai denti prostetici in resina acrilica, composito o ceramica. L’applicazione della dentiera può essere provvisoria, in attesa di un’altra soluzione definitiva. Esistono anche protesi mobili parziali, utilizzate per la sostituzione di parti di dentatura qualora non si voglia o non si possa ricorrere a un intervento di implantologia.

Sono disponibili anche protesi dentarie che combinano elementi fissi e mobili, ma con l’affermazione dell’implantologia vengono sempre meno utilizzate.

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Protesi dentaria: pro e contro

Il ricorso alle protesi odontoiatriche è fondamentale per ristabilire le corrette funzioni del cavo orale compromesse dalla mancanza di denti. La vasta scelta di soluzioni permette a ogni paziente di trovare quella più adatta alle sue esigenze. Grazie al lavoro dell’odontotecnico la protesi viene realizzata proprio a partire dalla forma della bocca di ciascuna persona, garantendo il massimo comfort.

Le protesi fisse hanno il vantaggio di restituire alla dentatura un’estetica molto simile a quella originale. Non richiedono particolari operazioni di pulizia. Offrono resistenza e stabilità superiori, una migliore biocompatibilità dei materiali e un maggiore recupero della funzionalità masticatoria. Di contro sono generalmente più costose rispetto quelle mobili e necessitano di interventi di limatura dei denti.

La protesi mobili sono invece soluzioni più vantaggiose da un punto di vista economico e sicuramente meno invasive. Tuttavia, per la loro natura, risultano meno stabili delle protesi fisse, essendo suscettibili ai cambiamenti delle gengive e della parte ossea dell’arcata dentaria. Il materiale da cui sono composte viene inoltre progressivamente riassorbito e per questo è necessario il processo di ribasatura, che garantisce il riempimento della dentiera e una piena aderenza alle gengive.

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Protesi odontoiatriche: quando ricorrervi

In generale è possibile affermare che le protesi dentarie sono necessarie quando mancando uno o più denti e le naturali funzioni del cavo orale sono compromesse. Sarà il dentista a valutare il da farsi, alla luce della situazione clinica ed economica del paziente.

Ogni situazione richiede infatti interventi differenti: le faccette come abbiamo visto sono prettamente legate a una necessità estetica, mentre altri tipi di protesi possono venire scelte se non si può intervenire con l’implantologia, per complicazioni o per scelta del paziente. Il consiglio migliore rimane sempre quello di richiedere un consulto specialistico, così da essere sicuri di mettere in atto la soluzione più adatta al proprio caso.

Leggi anche l’articolo: Agenesia dentale: cos’è, cause e rimedi

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Agenesia dentale: cos’è, cause e rimedi

L’agenesia dentale si definisce come la mancanza congenita di uno o più denti all’interno della bocca di una persona. È un problema che colpisce circa il 5% della popolazione e addirittura il 10% di bambini e bambine.

Nel corso di questo articolo entreremo nel dettaglio dell’agenesia dentale: cause, tipologie e rimedi saranno approfonditi. È bene sottolineare subito che trattandosi di un disturbo presente sin dal momento dalla nascita, è fondamentale rilevarlo in tenera età, così da poter provvedere subito a un trattamento efficace. Per farlo occorre una visita di odontoiatria pediatrica.

Agenesia dentale – cos’è

L’agenesia dentale indica il mancato sviluppo di un dente da latte o l’assenza del dente permanente che dovrebbe sostituirlo. Non è da confondere con l’inclusione dentale, dove il dente è presente ma non riesce ad erompere. Nel caso dell’agenesia, i denti sono infatti del tutto assenti. La diagnosi avviene tramite ortopantomografia e chiarisce se la mancata fuoriuscita del dente è dovuta a un ritardo nello sviluppo o all’agenesia.

Esistono tre tipi di agenesie dentali:

  • Oligodontia: consiste nella mancanza di un numero di denti compreso tra uno e sei, con esclusione dei denti del giudizio (ovvero i terzi molari).
  • Ipodontia: è il caso in cui mancano più di sei denti, con esclusione dei terzi molari.
  • Anodontia: rappresenta il caso più raro e grave, ovvero la totale assenza di dentatura.

L’agenesia dentale determina conseguenze negative sia in prospettiva estetica, che funzionale. La mancanza di uno o più denti può infatti ripercuotersi su masticazione, digestione e respirazione. Inoltre aumenta il rischio che all’interno del cavo orale possano svilupparsi condizioni quali malocclusioni o affollamento dentale.

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Agenesia dentale – cause

Le cause delle agenesie dentali sono difficili da identificare con assoluta precisione. Secondo la maggior parte degli studi però sono principalmente da ricercare in fattori genetici. L’agenesia dentale ha quindi una forte componente ereditaria ed è correlata a particolari alterazioni cromosiche. Le persone affette da Sindrome di Down ad esempio hanno una maggiore possibilità di svilupparla. È stata avanzata anche una tesi di tipo evoluzionistico secondo la quale evolvendosi l’uomo avrebbe bisogno di meno denti per svolgere correttamente la funzione della masticazione.

Il fattore certo è che l’agenesia dentale colpisce l’individuo nella sua fase embrionale. La patologia è una conseguenza della disfuzione del follicolo dentale. Il suo mancato sviluppo porta infatti alla totale assenza del dente. Sono noti anche altri fattori, oltre quelli genetici, che possono concorrere alla suddetta disfunzione e quindi ad una condizione di agenesia dei denti. Ad esempio:

  • Chemioterapia;
  • Malnutrizione o altri problemi alimentari;
  • Traumi;
  • Infezioni e patologie tra cui tubercolosi, sifilide, rachitismo, rosolia e malattie del sistema neuroendocrino.

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Agenesie dentali nei bambini

Questa patologia colpisce un numero significativo di bambini e bambine. Può manifestarsi sia per la dentizione da latte, che per quella permanenti, con questi ultimi più colpiti rispetto ai primi. I denti che statisticamente sono più coinvolti sono gli incisivi laterali superiori e i secondi premolari inferiori. Per completezza, si ricorda che la dentatura da latte conta 20 denti la cui comparsa termina intorno ai 3 anni. La dentatura permanente conta invece 28 elementi che sale a 32, se si considerano i denti del giudizio.

Tenendo sempre presente che ogni corpo è caratterizzato da diversi tempi di sviluppo, è importante monitorare la condizione del cavo orale dei più piccoli. La visita odontoiatrica pediatrica è quindi fondamentale per capire se dietro la mancata fuoriuscita di un dente c’è un semplice ritardo, un dente incluso o un caso di agenesia dentale. La diagnosi tempestiva serve non solo a evitare i disagi estetici e funzionali già accennati in precedenza, ma anche la possibilità di successivi cattivi posizionamenti dentali. I denti che crescono vicini allo spazio vuoto tendono infatti ad occuparlo cercando spontamenamente il contatto con quello più vicino, alterando l’equilibrio della bocca.

Una volta rilevata un’agenesia dentale bisogna allora intervenire rapidamente per evitare questi movimenti dentali indesiderati. Ma quali sono le terapie più efficaci?

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Agenesia dentale – rimedi

L’approccio all’agenesia dentale dipende dalla specificità del singolo caso. Il tipo di intervento è infatti determinato da variabili quali:

  • Quantità e tipologia di denti mancanti.
  • Età del paziente.
  • Fisionomia della bocca e dei denti.
  • Eventuali problemi di morso associati.

Una volta terminate le valutazioni diagnostiche e identificato il tipo di agenesia dentale, i rimedi utilizzabili sono:

  • Trattamento ortodontico: Viene usato con l’obiettivo di chiudere gli spazi dentali. Comporta il ricorso ad un apparecchio fisso per un periodo di tempo limitato, che ha la funzione di riallineare i denti e faciliare la masticazione. Può sfociare nell’installazione di un impianto.
  • Intervento di implantologiaConsiste nell’inserimento di una radice artificiale che riempie il vuoto del dente mancante. È un intervento più rapido rispetto a quello ortodontico, ma richiede un’attenta valutazione dello stato delle gengive e del cavo orale. Se ad esempio si sono verificati spostamenti dentali eccessivi, potrebbe non esserci lo spazio per un impianto.

In base a quanto detto la valutazione del dentista è fondamentale. Ogni terapia è infati personalizzata e può avvalersi di una combinazione di tecniche e strumenti di ortodonzia e implantologia pe raggiungere il risultato atteso.

Leggi anche l’articolo: Clorexidina: perché è il gold standard in odontoiatria

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Clorexidina: perché è il gold standard in odontoiatria

La Clorexidina (CHX), è un disinfettante utilizzatissimo dai dentisti. Possiede potenti proprietà antisettiche che lo rendono il gold standard in odontoiatria. Viene usato per la cura e la prevenzione di determinate patologie del cavo orale, per trattamenti chirurgici e non, e per decorsi post operatori. La Clorexidina è molto importante anche per la disinfezione di protesi e impronte.

Il collutorio con Clorexidina è inoltre un prodotto fondamentale per l’igiene orale domiciliare. In questo caso è fortemente consigliato attenersi alle indicazioni del proprio dentista, così da evitare effetti collaterali derivanti da un suo utilizzo improprio. In questo articolo approfonderemo la natura di questa sostanza, i suoi modi d’uso e le sue controindicazioni.

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Clorexidina cosa è

Da un punto di vista chimico, la Clorexidina è una molecola cationica bis-biguanide sintetica composta da Carbonio, Cloro, Azoto e Idrogeno. Per natura idrofoba, nell’uso odontoiatrico la molecola si lega a composti anionici, come ad esempio il gluconato. Questo la rende moderatamente idrosolubile. Viene naturalmente inibita da alcune sostanze organiche, tra cui  sangue e pus. Associata a molecole presenti nei dentifrici, quali sodio lauril solfato e sodio monofluorofosfato, la sua attività risulta ridotta. A seconda della sua concentrazione, può avere due effetti differenti:

  • Bassa concentrazione: Tra 0,02% e 0,06%, impedisce la riproduzione dei batteri (effetto batteriostatico).
  • Alta concentrazione: Oltre 0,12% uccide i microrganismi (effetto battericida).

La Clorexidina è classificata tra i battericidi ad ampio spettro. Ha un’efficacia migliore sui batteri Gram-positivi rispetto ai Gram-negativi e non funziona sulle specie resistenti all’acido. In compenso si può utilizzare anche per curare infezioni virali e fungine, tra cui quella da Candida Albicans. Viene solitamente somministrata sotto forma di collutorio o gel.

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Clorexidina: quando è indicata

L’utilizzo della Clorexidina è particolarmente indicato nella pratica protesica. In questi casi il disinfettante scelto deve possedere un potere antibatterico, antivirale e antifungino, ovvero caratteristiche tipiche della Clorexidina. Il suo impiego è inoltre vantaggioso per il fatto che non corrode, né danneggia, plastica e gomma. La disinfezione di una protesi avviene tramite immersione in un composto di Clorexidina con concentrazione minima dello 0,2% o erogazione spray.

Il ricorso alla Clorexidina è inoltre correlato a particolari trattamenti odontoiatrici. Nella cosiddetta pratica di Full Mouth Disinfection ad esempio, il dentista segue un protocollo che prevede la combinazione di sciacqui con Clorexidina allo 0,2% e l’applicazione di gel all’1% nelle tasche gengivali. La sua azione antimicrobica è altresì fondamentale per aumentare l’effetto antibatterico di interventi meccanici quali detartrasi, root planing o scaling. Per concludere, la sostanza è un’alleata fondamentale nel trattamento di infezioni acute o malattie croniche del cavo orale.

Clorexidina: come mai è il gold standard in odontoiatria

La Clorexidina possiede dunque caratteristiche che la rendono il gold standard dei disinfettanti in ambito odontoiatrico. Quella più importante è probabilmente la sua sostantività, ovvero la capacità di permanenza all’interno del cavo orale. La sua natura cationica le permette infatti di legarsi tanto ai microorganismi, quanto alle varie superfici della bocca, ovvero:

  • Denti
  • Pellicola acquisita
  • Mucosa
  • Cavo orale

Il suo effetto a rilascio graduale è dunque duraturo: dopo un solo risciacquo con collutorio con Clorexidina , la saliva mantiene un effetto antibatterico per 5 ore. La permanenza sulle superfici orali arriva invece addirittura a 12 ore, garantendo anche un effetto antiplacca.

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Clorexidina colluttorio vs collutori generici

L’utilizzo della Clorexidina collutorio è molto frequente. Tuttavia non bisogna fare l’errore di pensarlo come una semplice alternativa ai collutori generici. Al contrario di questi ultimi infatti, il collutorio con Clorexidinia non è idoneo ad un uso quotidiano. Viene generalmente prescritto dal dentista, in caso di:

  • Trattamento di gengiviti e parodontiti.
  • Preparazione a interventi protesici e relativo decorso post-operatorio dopo l’impianto delle protesi dentali.
  • Manutenzione delle protesi.
  • Pazienti immunosoppressi o sottoposti a chemioterapia e radioterapia.
  • Terapia contro l’alitosi.

Rispetto alle controparti generiche, il collutorio con Clorexidina va usato dopo 30 minuti dallo spazzolamento dei denti. Non va inoltre diluito in acqua, perché presenta già una concentrazione ideale. A seconda di quest’ultima cambiano anche i tempi di risciacquo: si va dai 15 secondi con concentrazione allo 0,30%, ai 60 secondi con concentrazione allo 0,12%, passando per i 30 secondi consigliati se la concentrazione è allo 0,20%.

Fortemente consigliata anche l’astensione da cibo, bevande alcoliche e fumo per l’ora successiva. Infine, è opportuno abbinare un dentifricio specifico, privo di quei componenti che possono annullare l’effetto del collutorio.

Clorexidina effetti collaterali

Le controindicazioni della Clorexidina sono per lo più legate a un suo utilizzo improprio, o prolungato. Generalmente non bisogna fare ricorso a un collutorio di questo tipo per più di 20 giorni consecutivi. Esistono tuttavia dei piccoli effetti collaterali da Clorexidina, legati principalmente alla possibile comparsa di inestetismi sulla superficie dei denti e della lingua. Le macchie da Clorexidina sono però facilmente eliminabili, con un intervento di igiene orale professionale.

Altri leggeri effetti collaterali da Clorexidina possono essere un’alterazione del gusto o la persistenza di un sapore amaro in bocca. Bisogna in ogni caso stare tranquilli: questi fastidi, molto comuni dopo un trattamento, sono reversibili e tendono a sparire spontaneamente in appena qualche giorno.

Leggi anche l’articolo: Demineralizzazione denti: sintomi, cause e cura

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Demineralizzazione denti: sintomi, cause e cura

La demineralizzazione dei denti, o demineralizzazione dello smalto, è un problema frequente dell’apparato dentale. Consiste in un processo che comporta la perdita di minerali nello strato di smalto del dente. Un dente demineralizzato è quindi più fragile ed esposto ad altre patologie, dato che lo smalto protegge i suoi strati più interni, quali ad esempio dentina e polpa dentaria.

Nei casi più importanti di demineralizzazione, denti eccessivamente indeboliti possono richiedere un intervento medico. In questo articolo approfondiamo la questione, per capire insieme come prevenire e curare la demineralizzazione dentale.

Demineralizzazione denti: cosa si intende

Per comprendere cos’è la demineralizzazione dentale, bisogna conoscere la struttura dei tessuti duri del dente:

  • Lo smalto: è lo strato più esterno, mineralizzato al 97%. Riveste la corona, la parte visibile del dente, ed è composto da un cristallo di calcio e fosfato detto idrossiapatite. Questa composizione dona allo smalto la sua resistenza. Allo stesso tempo, rappresenta la parte più fragile del dente, in quanto costantemente esposta a fattori di rischio come le sostanze acide o i batteri cariogeni.
  • La dentina: è la componente principale del dente. Più interna e meno mineralizzata dello smalto, la dentina è per questo meno resistente, pur essendo composta anch’essa da idrossiapatite. Circoscrive la polpa del dente ed è attraversata da numerosi tubuli, che la rendono molto sensibile agli stimoli esterni.
  • Il cemento: questo strato riveste la dentina a livello radicolare. Pur essendo altamente mineralizzato, è molto sottile e tende a scomparire se esposto al cavo orale. Questo accade in caso di patologie quali parodontite o recessioni gengivali.

Si parla dunque di demineralizzazione dei denti quando la dissoluzione dell’idrossiapatite è più intensa dell’attività di mineralizzazione. Questa avviene attraverso il deposito di nuovi ioni di fosforo e calcio. In altri termini, la demineralizzazione dentale è uno squilibrio di processi che avvengono regolarmente all’interno del cavo orale.

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Denti demineralizzati – sintomi

Un dente demineralizzato è dunque più esposto al pericolo, dato che lo smalto perde la sua funzione protettiva. La demineralizzazione del dente favorisce il deterioramento della salute orale e l’insorgere di altre patologie e lesioni, come carie o fratture dentali. Ma quando iniziare a preoccuparsi?

Il primo sintomo della demineralizzazione dentale è spesso un’alterazione cromatica, detta “White Spot“.  Questa è una lesione cariosa reversibile, conseguenza di una minore presenza di minerali nel dente. Si nota a occhio nudo perché riflette la luce in maniera diversa. Se non trattata, può evolversi in carie.

Un dente demineralizzato presenta tuttavia altri sintomi, tra cui:

  • Ipersensibilità a stimoli esterni, sia caldi che freddi.
  • Ingiallimento.
  • Incrinature superficiali o microfratture.
  • Erosione dello strato di smalto e conseguente esposizione dello strato di dentina.

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Demineralizzazione denti – cause

La principale causa della demineralizzazione del dente è l’azione delle sostanze acide sullo smalto. Quando infatti una sostanza dal pH uguale o inferiore a 5.5 attacca il dente, avviene la dissoluzione dell’idrossiapatite e la conseguente perdita di minerali. La saliva svolge in questo senso un’importante “Effetto tampone”, contrastando l’acidità e riportando il pH a livelli basici. Le cause della demineralizzazione dello smalto possono essere esogene ed endogene:

  • Cause esogene: I fattori esterni che contribuiscono alla demineralizzazione dei denti dipendono principalmente dall’alimentazione o dal fumo. L’elevata assunzione di cibi e bevande ricche di acidi e zuccheri è dunque un rischio per la salute dentale.
  • Cause endogene: Derivano da altre patologie. Il reflusso gastroesofageo ad esempio espone il cavo orale ad una maggiore concentrazione di sostanze acide. L’iposcialia riduce invece il flusso salivare, minimizzando la sua azione mineralizzante. Altri disturbi alimentari possono favorire la demineralizzazione dei denti.

Bisogna inoltre considerare la propria predisposizione genetica e le abitudini di igiene orale. In definitiva si può affermare che la demineralizzazione dello smalto dipende da una serie di concause piuttosto che da un singolo fattore.

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Demineralizzazione denti – cura

La demineralizzazione dei denti può innanzitutto essere prevenuta con delle sane abitudini relative all’alimentazione e all’igiene orale. Queste possono essere:

  • Corretta e frequente igiene orale: sia personale che professionale. L’utilizzo di dentifrici fluorati è un buon accorgimento per evitare la demineralizzazione dentale. Si consiglia inoltre di lavare i denti a partire da mezz’ora dall’assunzione del cibo per non favorire la diffusione delle sostanze acide.
  • Alimentazione equilibrata: è preferibile evitare alimenti acidi e zuccherini e assumere cibi contenenti proteine casearie e verdure ricche di fibre.
  • Idratazione della bocca: una corretta produzione di saliva aiuta a prevenire la demineralizzazione dello smalto. Si consiglia dunque di bere molta acqua e masticare a lungo il cibo.

Qualora questi semplici accorgimenti non fossero sufficienti, bisogna ricorrere ad un intervento professionale. Le soluzioni odontoiatriche sono diverse, a seconda dello stato di demineralizzazione dei denti del paziente. Ad esempio:

  • Trattamento iniziale: Se il processo di demineralizzazione dello smalto è nelle fasi iniziali, è sufficiente un trattamento a base di fluoro (gel, vernice, collutorio) o di proteine del latte (collutori, paste, mousse orale). Queste sostanze favoriscono la mineralizzazione dei denti.
  • Trattamento tardivo: In caso di un processo di demineralizzazione dentale in fase avanzata si può ricorrere a trattamenti medici specifici (faccette dentali, intarsi, bite, capsule, bonding).

Il parere professionale del dentista è quindi fondamentale per trovare l’origine della demineralizzazione dei denti e procedere con la cura più adatta alla situazione individuale.

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Diabete e dentista: prevenzione, complicanze e consigli utili

Il diabete è una malattia estremamente diffusa e in continua crescita. Gli adulti nel mondo affetti da questa malattia sono circa 451 milioni, di cui 60 in Europa. In Italia i dati più recenti mostrano che i casi noti sono più che raddoppiati dal 1985 ad oggi, arrivando alla grande cifra di 4 milioni. I soggetti più colpiti sono le persone over 65, in cui l’incidenza della malattia mostra che una persona su sei ha ricevuto una diagnosi di diabete. Questa malattia può portare con sé delle complicanze a livello di salute orale e nelle pratiche odontoiatriche.

In questo articolo raccontiamo come può avvenire la prevenzione del diabete dal dentista, quali possono essere le complicanze del diabete e forniamo qualche consiglio utile riguardo la cura e la prevenzione della malattia.

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Il paziente con diagnosi diabete dal dentista

In un’indagine condotta dalla Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP) è emerso che in Italia i dentisti in grado di valutare il rischio della presenza di diabete durante una visita sono uno su due. Diabete e dentista sono altamente collegati e quest’ultimo può ricoprire un ruolo chiave nella prevenzione e nella diagnosi di diabete.

Ad esempio la parodontite, ossia l’infiammazione cronica delle gengive, è spesso legata alla presenza di diabete e viceversa. Questa infiammazione se non viene diagnosticata e curata correttamente può addirittura portare alla perdita dei denti. Perciò il dentista può e deve essere in grado di riconoscere i segnali di diabete e curare di conseguenza i pazienti affetti da questa malattia.

Per trattare i pazienti affetti da diabete è fondamentale essere meno invasivi possibile, per evitare possibili complicanze. È necessario osservare un’attenta pianificazione dell’intervento, riducendo al minimo il trauma chirurgico. È inoltre importante il ruolo che ricopre la comunicazione prima, durante e dopo la visita. Il paziente deve essere accuratamente informato sul suo stato di salute, in modo da poter contribuire attivamente alla buona riuscita dell’intervento, nonché alla comprensione e accettazione delle cure necessarie.

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Complicanze diabete sulla salute orale

Quali sono le complicanze del diabete che possono influenzare la salute orale del paziente? I principali problemi riscontrati da ricondurre alla malattia sono due: l’osteointegrazione e l’insorgere di processi infiammatori. Questi riguardano specialmente coloro che necessitano di un impianto dentale (circa 2,5 milioni di italiani all’anno).

  • Durante la fase di osteointegrazione lo scarso apporto sanguigno alle zone periferiche causato dal diabete può comportare un’irrorazione dell’impianto non completa. Di conseguenza ne compromette la corretta guarigione.
  • L’insorgere di processi infiammatori può invece avere ripercussioni sul lungo periodo. Questi sono già di per sé frequenti nei pazienti diabetici e possono compromettere la difesa del cavo orale contro alcuni agenti patogeni.

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Prevenzione del diabete dal dentista

La prevenzione del diabete dal dentista è possibile, nonché necessaria. Per far sì che questo avvenga, lo screening ha un’importanza fondamentale. Per ricalcare infatti la stretta connessione presente tra diabete e dentista, i primi segni della malattia possono essere riconosciuti durante le visite dentistiche di routine e possono portare a una diagnosi di prediabete. I sintomi che dovrebbero mettere in guardia il dentista sono:

  • Salivazione più viscosa del solito: segnalata dal paziente o notata dal professionista.
  • Maggiore propensione e presenza di carie rispetto alla media.
  • Alitosi.
  • Mughetto sulle mucose orali.
  • Secchezza della cavità orale e sensazione di bruciore lieve e costante.
  • Lingua biancastra, parzialmente o in toto.

In seguito all’indagine sopracitata, è stato redatto un protocollo diagnostico-preventivo valido sia per diabetologi, che per odontoiatri grazie alla collaborazione della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP), della Società Italiana di Diabetologia (SID) e dall’Associazione Medici Diabetologi (AMD). Il protocollo mira a stabilire un metodo lavorativo collaborativo e condiviso cercando di coinvolgere attivamente il paziente.

Gli odontoiatri devono essere in grado di identificare i segni della malattia e di adottare di conseguenza un comportamento adeguato al suo trattamento, indirizzando i pazienti verso gli specialisti più adatti.

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Diabete e dentista: consigli utili

Oltre ai protocolli destinati ai professionisti, è bene dare qualche consiglio che possa aiutare le persone che soffrono di diabete nella vita di tutti i giorni:

  • Lavare i denti almeno due volte al giorno dopo i pasti principali per almeno due minuti a sessione.
  • Spazzolare con attenzione tutte le zone interne.
  • Utilizzare se possibile lo spazzolino elettrico, lo scovolino e il filo interdentale.
  • Pulire sempre anche la lingua.
  • Utilizzare collutori antibatterici.
  • Ridurre il consumo di sigarette.
  • Mantenere un’alimentazione sana, equilibrata, privilegiando il consumo di calcio, pesce, frutta e verdura.
  • Controllare periodicamente i propri livelli glicemici.
  • Svolgere regolarmente attività fisica.
  • Effettuare regolari controlli dal proprio dentista.

Questi pochi e semplici accorgimenti possono ricoprire un ruolo fondamentale sia nella cura, che nella prevenzione di malattie del cavo orale per i pazienti diabetici.

Ozono terapia in odontoiatria: cosa è, vantaggi, quando applicarla

L’ozono è riconosciuto come il più potente battericida naturale al mondo. L’ozono terapia dal dentista è un trattamento che prevede l’uso intensivo di questo composto chimico. L’ozono è una forma di ossigeno molto ricca di energia: è infatti composto da ben tre atomi di ossigeno. In medicina è usato da tempo per il trattamento di varie patologie e, di recente, anche i dentisti hanno iniziato a impiegarlo sempre di più.

L’ozono ha anche molte proprietà antimicrobiche. Quando viene rilasciato in una lesione provocata dalla carie riduce il numero di batteri che causano la ferita e quindi arresta il suo avanzamento. Se abbinato a fluoruro, l’ozono è anche capace di rimineralizzare il dente. L’ozono terapia in odontoiatria è indolore e per questo è una tecnica che viene spesso utilizzata quando si devono trattare carie o altre infezioni nei pazienti di odontoiatria pediatrica.

In questo articolo raccontiamo cos’è l’ozono terapia, quali sono i suoi vantaggi rispetto ai trattamenti tradizionali e quando è opportuno applicarla.

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Ozono terapia odontoiatria: cosa è 

I primi esperimenti per curare le malattie della bocca con l’impiego di ozono sono avvenuti negli anni ’70, ma è solo dagli anni ’80 che gli studi dell’inglese Edward Lynch hanno portato a buoni risultati. È la nascita di un nuovo approccio terapeutico. Da allora gli studi sull’ozono si sono moltiplicati e oggi la sostanza è usata in molti casi come battericida.

L’ozono terapia è un metodo naturale, indolore ed efficace: favorisce la guarigione dei tessuti ed evita le infiammazioni. Questa sostanza è innocua e spesso più rapida ad agire rispetto ad altri disinfettanti. L’ozono terapia dal dentista permette infatti di distruggere molto velocemente funghi, batteri, virus e altre proteine acide nei denti. In tal modo coadiuva la ricostruzione di dentina e smalto.

Il trattamento dura circa un minuto e viene ripetuto più volte in base alla gravità della situazione del paziente. Dopo il trattamento in alcuni casi viene prescritto un prodotto a base di fluoro per aiutare il processo di rimineralizzazione del dente. L’ozono terapia in ambito odontoiatrico è molto efficace, non causa fastidi o algie nel paziente e non presenta effetti collaterali. Per questo è una tecnica usata in molte situazioni e anche nel trattamento delle patologie orali dei bambini.

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Ozono terapia dentista: vantaggi 

Le otturazioni tradizionali comportano la necessità di sacrificare in parte il tessuto dentale che viene sostituito con elementi esterni, solitamente delle resine composite. Queste resine necessitano poi di periodiche revisioni e di un’attenta manutenzione. L’otturazione classica è per giunta un’operazione invasiva, che prevede l’anestesia e l’utilizzo del trapano.

L’ozono terapia in odontoiatria offre invece la possibilità di evitare l’intervento chirurgico e di salvaguardare allo stesso tempo il dente con la sterilizzazione del tessuto della carie. I vantaggi principali di questo trattamento sono:

  • La velocità: dura pochi secondi e il paziente non è costretto a sedere sul lettino per periodi prolungati.
  • La semplicità: basta mettere a contatto la lesione con la sostanza perché la terapia abbia effetto.
  • La non invasività: non necessita di anestesie o attrezzi particolari.
  • L’essere indolore: il paziente non sentirà nulla durante la terapia.

 

Ozono terapia: quando applicarla 

L’ozono terapia dal dentista viene impiegata in diverse situazioni. Ecco una lista di quelle più comuni:

    • Migliorare la guarigione di una ferita: grazie alle sue proprietà disinfettanti e antimicrobiche, l’ozono velocizza la chiusura delle ferite chirurgiche.
    • Prevenire la carie: l’ozono fa diminuire sensibilmente la quantità di microorganismi che causano la carie e può essere impiegato per la prevenzione della carie radicolare, soprattutto nelle casistiche in cui questa non è profonda.
    • Aiutare la cura della lesione bianca o rossa del lichen planus orale (LPO).
    • Trattare gengiviti e parodontiti.
    • Eliminare l’alitosi: l’ozono può eliminare batteri, funghi e virus all’interno della bocca rendendo l’alito decisamente migliore.
    • Trattare l’osteonecrosi delle ossa mascellari: nei pazienti che assumono bifosfonati, l’ozonoterapia aiuta la ricostituzione dei tessuti ossei necrotici.
    • Terapia del dolore post-operatorio: in chirurgia orale l’utilizzo dell’ozono è fondamentale nei trattamenti per un post-operatorio con presenza del dolore mitigata.
    • Contrastare placca e biofilm batterico.
    • Sterilizzare i canali radicolari.
    • Nella terapia dello sbiancamento dentale: insieme al perossido di idrogeno, l’ozono ha un notevole potere sbiancante.

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Ozono terapia denti bambini 

L’ozono terapia è un trattamento raccomandato per le patologie ai denti dei bambini. Essa è molto facile da attuare e solitamente rende le sedute di breve durata e indolori. Per un bambino, questi vantaggi diventano ancora più importanti: spesso hanno paura del dentista e non sono disposti a stare sul lettino per troppo tempo. L’ozono terapia per i denti dei bambini permette loro di finire in pochi minuti e senza percepire dolore.

Le carie da biberon o carie della prima infanzia sono uno dei problemi più frequenti che si curano con l’ozono terapia. Mediamente si riscontrano tra i due e i quattro anni del paziente in età pediatrica. Il trattamento in questo caso elimina i batteri responsabili della carie e aiuta la rimineralizzazione se abbinata ai fluoruri.

Leggi anche l’articolo: Andare dal dentista in gravidanza: tutto ciò che c’è da sapere

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Andare dal dentista in gravidanza: tutto ciò che c’è da sapere

Quando comincia una gravidanza ci si inizia a fare tante domande su qualsiasi cosa, soprattutto sulla propria salute e i controlli da fare. Si può andare dal dentista in gravidanza? Quando è meglio farlo e quando evitare? Sì, si può andare dal dentista in gravidanza e in questo articolo spieghiamo i motivi per cui è meglio farlo.

Vediamo insieme quali sono le malattie a cui è più esposta una donna incinta; parliamo di radiografia ai denti in gravidanza, di anestesia e di come programmare le visite lungo tutti i nove mesi. La salute della mamma è anche la salute del bambino e per il cavo orale vale lo stesso.

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Andare dal dentista in gravidanza: quando e perché

La gravidanza è un periodo delicato e le donne incinta sono considerate pazienti speciali, con cui è necessario usare più precauzioni e attenzioni. Durante una gestazione, la futura mamma ha un rischio più alto di sviluppare delle patologie del cavo orale rispetto a un paziente comune. Questo accade perché la gravidanza innesca dei cambiamenti ormonali che influenzano la risposta dei tessuti gengivali ai batteri della bocca. Come ricordiamo spesso, la nostra bocca è casa di tanti microrganismi e vive costantemente in un equilibrio delicato. Un cambiamento anche piccolo rischia di rompere questo equilibrio.

Oltre all’infiammazione delle gengive, anche i denti possono soffrire. Durante il primo trimestre è infatti molto frequente il vomito, un sintomo che provoca il contatto tra lo smalto dei denti e gli acidi dello stomaco. Un consumo eccessivo di zuccheri e cibo combinato al reflusso indebolisce i denti, che sono più esposti al rischio di carie. Andare dal dentista in gravidanza è importante per prevenire e curare queste condizioni.

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Anestesia dentista in gravidanza: si può fare? 

Una domanda che spesso ci si pone è se si può fare l’anestesia dal dentista in gravidanza. Molte donne temono che l’anestesia in gravidanza possa causare danni al feto, ma non è così. L’anestesia locale del dentista si può fare tranquillamente anche quando si aspetta un bambino.

Il primo motivo è che si tratta di un’operazione limitata a una piccola zona del corpo, la bocca, e che quindi non impatta sul feto in nessun modo. Il secondo è che il nostro corpo è assolutamente in grado di eliminare dal nostro organismo l’anestesia in tempi brevi, senza effetti collaterali. L’anestesia dal dentista si può fare anche dopo la gravidanza, senza causare alcun impatto sull’allattamento del neonato.

 

Radiografia ai denti in gravidanza: quando è consigliabile 

Un’altra domanda frequente è se si può fare la radiografia ai denti in gravidanza. Anche in questo caso la risposta è sì, si può fare e sempre con le dovute precauzioni. Vanno usati infatti schermi protettivi, giubbotti piombati e tecniche radiografiche a bassissima esposizione. All’inizio della radiografia ai denti in gravidanza viene sempre fatta firmare una dichiarazione di consenso, ma non ci si deve allarmare: si tratta di una prassi che dovrebbe essere seguita anche con pazienti non in attesa.

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Dentista in gravidanza primo trimestre, secondo e terzo 

Concludiamo questo articolo sulle visite dal dentista in gravidanza facendo una panoramica schematica degli incontri che è opportuno avere con il professionista lungo tutti i nove mesi di attesa.

Dentista in gravidanza primo trimestre

Il primo trimestre è il più delicato. Durante questo periodo è meglio evitare visite invasive come estrazioni, otturazioni, ecc… È preferibile agire solo se strettamente necessario, riducendo lo stress in capo alla paziente. Questo però non vuol dire che non si debba andare dal dentista in gravidanza primo trimestre.

Il consiglio è quello di fare comunque una visita in cui il dentista può valutare già possibili fattori di rischio e organizzare la prevenzione di conseguenza. Più si sa prima, meglio è. Una buona prassi è fare una pulizia professionale già in questa fase, per aiutare la bocca ad affrontare il periodo di stress batterico imminente. Questo primo incontro è importante anche per ricevere consigli sui mesi successivi e su come comportarsi se dovessero comparire dei sintomi particolari.

 

Andare dal dentista nel secondo trimestre di gravidanza

Un secondo controllo è consigliato tra la quattordicesima e la ventesima settimana di gravidanza. La fase più delicata è ormai passata e questo è il momento ideale per valutare lo stato di salute del parodonto e dei denti, così come il livello d’igiene orale. In queste settimane si possono fare tranquillamente terapie rimandate nei primi tre mesi essendo che i rischi sono ridotti al minimo ed è possibile ripetere la pulizia dentale se necessario.

 

Dentista in gravidanza terzo trimestre

L’ultima visita consigliata è durante l’ottavo mese. In questo periodo l’utero è di grandi dimensioni ed è quindi opportuno che il dentista faccia accomodare la paziente in posizione semi-seduta. Anche qui viene valutato lo stato della bocca ed è buona prassi eseguire una pulizia professionale in vista della nascita. Nell’ultimo trimestre è controindicato l’utilizzo di FANS, farmaci che potrebbero disturbare la salute del feto.

Leggi anche l’articolo: Colletto dentale scoperto: cos’è, cause e rimedi

Colletto dentale scoperto: cos’è, cause e rimedi

Se di recente ti ha dato fastidio bere o mangiare alimenti molto caldi e molto freddi, è opportuno fare un controllo dei tuoi colletti dentali. Il colletto dentale scoperto è una delle tante patologie che possono colpire la bocca. Dente e gengiva perdono di aderenza, la gengiva si ritrae e la porzione del dente senza protezione mostra sensibilità alla temperatura.

In questo articolo raccogliamo tutto ciò c’è da sapere sul colletto dentale: cos’è, con quali sintomi ci si può insospettire, quali sono le cause e infine i rimedi per un colletto dentale scoperto.

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Colletto dentale: cos’è 

Il colletto del dente è la porzione dentale che si trova tra dente e gengiva. Solitamente è una zona del tutto coperta e aderente ai tessuti molli gengivali, ma in alcune situazioni può perdere queste proprietà formando delle “sacche” popolate da batteri. I denti che sono più soggetti ad avere un colletto dentale scoperto sono gli incisivi e i canini, ma può capitare che la condizione interessi anche premolari e molari.

 

Colletto dente scoperto: sintomatologia 

Un colletto dentale scoperto si origina dalla ritrazione delle gengive che può avvenire per diversi motivi. Sono molti i sintomi, veri e propri campanelli d’allarme, che permettono di riconoscere fin da subito l’inizio della ritrazione gengivale. Quello principale è senza dubbio la sensibilità dentale. Questa si manifesta nel momento in cui assumiamo cibi e bevande troppo caldi o troppo freddi. La sensazione è quella di un dolore acuto e persistente che si ripete a ogni occasione.

Un altro sintomo è semplicemente la ritrazione stessa. Se guardandoci allo specchio durante la pulizia quotidiana notiamo che i nostri denti appaiono più lunghi del solito, probabilmente significa che le gengive si stanno ritirando. Il dolore alle gengive è il terzo sintomo del colletto dei denti scoperto. Esso è localizzato in corrispondenza della zona interessata dalla ritrazione ed è anche in questo caso un fastidio persistente nel tempo.

Altri sintomi che permettono di riconoscere un colletto dentale scoperto sono le carie, l’alitosi e il sanguinamento frequente delle gengive. In particolare, l’alitosi è spesso il primo segnale di molte infiammazioni dentali e della bocca in generale.

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Colletti dentali scoperti: cause   

Perché i colletti dentali si scoprono? Le cause del sopraggiungere di questa condizione possono essere molte. Quella più comune in assoluto riguarda l’uso scorretto dello spazzolino e una scarsa igiene orale. Mentre ci si lava i denti si dovrebbe utilizzare uno spazzolino a setole morbide e si dovrebbe evitare di spazzolare troppo energeticamente: l’azione può infatti corrodere il tessuto gengivale e rendere i denti sensibili.

La ritrazione gengivale può anche essere causata da una generica infezione alle gengive che può evolvere in una parodontite, ovvero in un’infezione che coinvolge tutto l’apparato di sostegno del dente (osso, gengiva e legamento parodontale). Il colletto del dente scoperto può manifestarsi per una predisposizione genetica o per la struttura della gengiva stessa.

Anche la presenza di un piercing al labbro o alla lingua può scatenare l’infezione delle gengive, che vengono irritate e danneggiate dal nuovo oggetto presente in bocca. Il bruxismo può essere un’altra causa del colletto dentale scoperto: la masticazione involontaria continua mette sotto stress la gengiva che col tempo inizia il processo di ritrazione. Infine, anche anoressia e bulimia possono essere considerate delle cause scatenanti. L’acidità dei succhi gastrici espulsi frequentemente da persone che soffrono di queste condizioni vanno a innescare un processo di erosione che danneggia sia lo smalto dei denti, che le gengive.

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Colletto dentale scoperto: rimedi 

In presenza di un colletto dentale scoperto sono tre rimedi possibili. Il più adatto viene scelto dal dentista di fiducia in base alla gravità della situazione e alla condizione generale della bocca del paziente.

  • Il primo metodo è la creazione di una otturazione in composito. In questo caso, tramite una tecnica adesiva, si applica uno strato in composito in corrispondenza dei colletti dentali scoperti. In questo modo vengono chiuse eventuali sacche batteriche e viene coperta la porzione sensibile del dente.
  • Il secondo metodo è simile al primo e implica l’applicazione di faccette dentali in ceramica. Invece di creare un’otturazione, qui si preferisce utilizzare sottili lamine in ceramica di uno spessore di circa 0,7 mm. Le faccette vengono messe sulla superficie dei denti modificandone forma, colore, lunghezza e posizione. Esse proteggono il dente e scongiurano un suo deterioramento nel tempo.
  • Per il terzo metodo, che riguarda i casi più gravi di colletti dentali scoperti, si può optare per un vero e proprio intervento chirurgico. Durante l’operazione si riportano le gengive ritirate alla loro posizione originale facendole scorrere e, eventualmente, applicando un innesto per aumentarne lo spessore.

Per preservare la salute del colletto dei denti bisogna fare molta attenzione all’igiene quotidiana e al modo in cui viene fatta. Lo spazzolino per denti sensibili va usato in combinazione con collutorio e filo interdentale. Oltre all’igiene quotidiana, è importante concedersi una visita periodica di controllo con il proprio dentista ed eseguire una igiene orale professionale almeno una volta all’anno.

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